Si sa, gli italiani sono un popolo di tradizionalisti, tirati nella persecuzione delle nuove mode, soprattutto se queste riguardano il settore alimentare. Secondo le ultime stime in merito alle abitudini alimentari, il 22% degli europei, con alcuni picchi di 30-40% in Nord Europa, dichiara di aver cambiato il proprio stile alimentare, gli italiani, invece, si dissociano quasi dai cambiamenti alimentari. Quello dell’Italia risulta essere il popolo più tradizionalista di tutta Europa, collocandosi, per l’appunto, all’ultimo posto nella classifica, con un valore pari al 15%. Al primo posto, invece, troviamo la Svezia con il 43%, seguita dalla Danimarca e dai Paesi Bassi con il 31%. Seppur tradizionalista, l’Italia non è un Paese del tutto immobile ai dati Istat; si assiste, infatti, ad un progressivo cambiamento delle abitudini alimentari consolidate nel tempo come, ad esempio, il ridotto consumo di pasta giornaliero, l’introduzione di nuovi alimenti proteici. Si registra un aumento dell’11,7% nel periodo 1995-2005 sull’abitudine degli italiani di fare una prima colazione adeguata, in cui, cioè, non si assumono solo te o caffè ma si beve latte e si mangia qualcosa. In crescita l’abitudine di mangiare fuori orario: il 40% degli italiani dichiara di fare abitualmente uno spuntino a metà mattina e/o a metà pomeriggio, per non rischiare di arrivare affamati al pasto principale. Ad assumere il ruolo fondamentale resta il pranzo, il pasto centrale della giornata; tuttavia, aumenta il numero degli italiani che considerano la cena il pasto principale della giornata. Tra gli alimenti, i cibi preferiti restano quelli più salutari e non troppo difficili da metabolizzare; per questo motivo, sono, di recente, stati riformulati oltre 4000 prodotti riducendo o eliminando grassi saturi, colesterolo, sale e acidi grassi. Ammonta a circa il 24% il fatturato dell’industria alimentare proveniente da prodotti innovativi, come cibi pronti e surgelati, contro il 66% del fatturato proveniente dai cibi della tradizione italiana. Il restante 10% della torta appartiene a prodotti tipici e biologici. Secondo le ricerche di Eurostat 2006, circa 35 anni fa il consumo alimentare assorbiva il 34,4% delle spese della famiglie; oggi, l’incidenza della spesa alimentare è scesa al 18,9% (comprese le bevande alcoliche). Dai dati delle ricerche si evince che negli ultimi anni le famiglie italiane sono state esposte ad alcuni processi che hanno modificato il loro rapporto con l’alimentazione: il più significativo, forse, la riduzione della quota di reddito famigliare disponibile per l’alimentazione e la riduzione dei tempi di vita famigliare con conseguenze che si ripercuotono sui consumi alimentari e sulla dimensione famigliare in termini di convivenza. A contribuire al mutamento dei consumi alimentari vi sono anche i processi di globalizzazione, l’insorgere di timori alimentari legati ad eventi mediatici e infine la deriva salutista, che ha promosso la tendenza della medicalizzazione dell’alimentazione. Insomma, l’Italia è un popolo di tradizionalisti, non vuole abbandonare il classico piatto di pasta, la buona pizza napoletana e tante altre specialità di casa nostra, ma i ritmi di vita sempre più frenetici ci portano ad un adattamento sempre più incalzante, che ci porta all’acquisto di sughi pronti, preparati di varia natura, surgelati e insaccati.
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