Home Tutte le diete... del mondo ;-) Mangiare in modo sbagliato: quando il cibo crea dipendenza

Mangiare in modo sbagliato: quando il cibo crea dipendenza

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Spesso, accade che il modo di approcciarsi con il cibo è assolutamente sbagliato, e questo crea disturbi e vere e proprie dipendenze. Alcuni disturbi alimentari sono noti, come la bulimia e l’anoressia, mentre altri sono ancora del tutto ignoti. I casi di obesità o di disagio, dovuti all’incapacità di controllare il proprio stimolo a mangiare, sono gestiti dal peso corporeo, attraverso piani alimentari che servono ad educare il soggetto ad un maggiore controllo. In campo, vengono applicate anche cure farmacologiche per risolvere il problema. Mangiare in modo sbagliato: quando il cibo crea dipendenza Nella maggior parte dei casi succede, però, che molti soggetti in sovrappeso, quotidianamente sottoposti alla lotta contro il pensiero del cibo, falliscono nel tentativo di ignorare o controllare il proprio appetito, in quanto non traggono alcun beneficio dal piano alimentare messo a punto dal dietologo o, comunque, dal medico che segue il paziente. Perché avviene questo? Semplicemente perché i soggetti coinvolti in queste problematiche non posseggono l’autocontrollo in campo alimentare e, quindi, non sono in grado di gestire e rispettare qualsiasi terapia consigliata. Ecco che si arriva a parlare di una vera e propria dipendenza da cibo, una dipendenza terribile che causa danni all’organismo. Le radici di tale dipendenza sono di stampo psicologico, in quanto il soggetto si sente fortemente depresso per la dieta o per la cura affrontata. Nei soggetti affetti da tale disturbo, si viene a creare un ragionamento inverso, vedendo la cura intrapresa più dal lato privativo che da quello benefico. Il pensiero della dieta diventa un’ossessione, una privazione del corpo, specie del palato, il cibo, che prima non era niente di eccezionale, ora diventa un elemento indispensabile, il fulcro di tutto, l’oggetto del desiderio. Ecco che la priorità diventa mangiare e, se non lo si fa, non si pensa a nient’altro che alle ore dei pasti (colazione, pranzo e cena). Mangiare in modo sbagliato: quando il cibo crea dipendenza In questo status di cose, il soggetto entra in una crisi profonda, una depressione, ma anche confusione per la nuova visione, in quanto, in condizioni normali, il soggetto sarebbe stato capace di attuare un regime alimentare corretto ed arrivare, così, al dimagrimento. C’è un altro fattore da considerare, e cioè che questi soggetti sono ossessionati dal pensiero che la loro “fame psicologica”, oramai diventata una vera e propria abitudine, non svanirà dopo il dimagrimento o il periodo di cura, ma diventerà una componente del futuro. Quindi, spesso, accade che il soggetto, anziché dimagrire, tende ad acquistare chili di troppo, prima ancora di intraprendere il suo cammino di dimagrimento. Esistono terapie farmacologiche per il controllo dell’appetito piuttosto efficaci nella bulimia, ma non esiste ad oggi un farmaco affidabile e sicuro per tenere l’appetito sotto controllo, che possa essere usato in maniera continuativa. La dipendenza da cibo è quindi una nuova patologia, di definizione recente che risponde al modello generale di una dipendenza di natura psicologica e non chimica. Il quadro clinico dei soggetti affetti da tale dipendenza riporta tali atteggiamenti da parte degli stessi soggetti: –  mangiare più velocemente del normale, gustando meno il cibo; –  mangiare anche quando ci si sente pieni (alcuni usano bevande, alcool o caffè per favorire un rilassamento o uno svuotamento dello stomaco in maniera da poter introdurre ancora cibo) o al limite il vomito autoindotto; –  mangiare senza avere più la capacità di distinguere tra fame e sazietà; –  pensare assiduamente alle ore in cui si consumano i pasti; –  mangiare tanto quando si è soli, mangiare poco quando si è con gli altri. Spesso, la terapia rivolta ai soggetti affetti da tale patologia parte col piede sbagliato, cadendo nell’errore di trattare questi casi come se fossero il frutto di un appetito abnorme (come se la cosa dipendesse dalla fame chimica piuttosto che psicologica). Si cerca, quindi, di ripristinare un contesto normale di alimentazione, e di modulare fattori affettivi, cognitivi e quant’altro al fine di riportare l’appetito in linea con la fame, ed evitare che si associ ad altre valenze.

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