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Invecchiamento cerebrale da HIV

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Una nuova voce arriva dai ricercatori della Washington University School of Medicine di St. Louis e della University of California di San Diego, secondo la quale alcuni studi hanno messo in luce ed accertato come l’infezione da HIV possa portare, in modo prematuro, all’invecchiamento cerebrale. Secondo quanto è emerso dagli studi, nel cervello dei pazienti affetti da HIV il flusso sanguigno è ridotto a livelli normalmente osservati in soggetti non infetti con 15-20 anni in più. La scoperta è stata pubblicata sul The Journal of Infectious Diseases. Invecchiamento cerebrale da HIVBeau Ances, professore assistente di neurologia all’Università di Washington, spiega che l’AIDS produce effetti devastanti sul cervello del paziente che ne è affetto, effetti davvero preoccupanti; infatti, tra i pazienti che sono sopravvissuti fino all’anzianità, un certo numero degli stessi mostra la preoccupazione per problemi con la memoria e altre funzioni cognitive. Gli epidemiologi hanno stimato che il 14-18% dei pazienti affetti da AIDS  negli States ha più di 50 anni: questa è la fascia di età in cui è più alto anche il tasso di nuove infezioni. Si pensa che oltre il 2015, considerando le attuali tendenze, il loro numero crescerà di oltre il 50% della popolazione complessiva dei pazienti. I primi studi sull’infezione provocata dal virus dell’AIDS, sugli effetti a lungo termine sulla salute hanno rilevato che il virus può influire negativamente su diversi organi e sistemi, quali cuore, fegato, sistema endocrino, sistema scheletrico e reni. Da un recente studio è stato rilevato che il virus anticipa le infezioni nell’organismo di circa 10 anni. Le conseguenze del virus sono svariate e tutte più o meno di grave entità, come l’insorgere di demenza in alcuni pazienti, l’invecchiamento massimo del cercello: quantificare scientificamente questi effetti da virus HIV è stato molto dispendioso. Si pensa che il virus attraversi il cervello utilizzando cellule immunitarie infette; poi, una volta arrivato al cervello , l’HIV non infetta direttamente i neuroni ma va ad intaccare prima le cellule di sostegno che possono rilasciare i fattori immunitari che danneggiano i neuroni. Dagli studi fatti e dai risultati ottenuti (sintomi ed effetti da virus riscontrati) si è potuto fare un’analogia tra la demenza associata all’HIV e il morbo di Alzheimer. Così, data la grande somiglianza di effetti sull’organismo, si è arrivato ad adattare test cognitivi utilizzati nella diagnosi del morbo di Alzheimer nella ricerca contro l’HIV: una grande fatica della medicina che è costato davvero tanto lavoro ai ricercatori che vi ci hanno lavorato. E’ stato utilizzato uno scanner per risonanza magnetica e una nuova tecnica, nota come etichettatura spinale arteriosa, in grado di dare una misurazione precisa e non-invasiva del flusso di sangue. Grazie a questo strumento è stato possibile analizzare il flusso di sangue al cervello in 26 soggetti con HIV e 25 pazienti non infetti: entrambi i gruppi sono risultati compatibili in fascia media di età e di istruzione. Dallo scanner si è concluso che il flusso di sangue al cervello è stato ridotto nei soggetti con HIV rispetto ai soggetti non infetti. Le riduzioni del flusso risultato quasi equivalenti a quelle negli individui non infetti di 15 o 20 anni più vecchi. Da tutti questi studi e queste osservazioni i ricercatori hanno potuto scoprire che l’HIV riduce il flusso cerebrale di sangue anche tra i più giovani rafforzando i risultati precedentemente pubblicati. I livelli di sangue scendono in modo naturale con l’età, andando incontro alla fascia senile, ma l’HIV, i farmaci usati per il suo controllo o la combinazione dei due accelerano di gran lunga il processo di invecchiamento. Solo se si comincia un trattamento in anticipo del virus è possibile ridurre il danno rilevato dai recenti studi.

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