L’infarto miocardico si verifica quando l’irrorazione sanguigna del muscolo cardiaco diminuisce o viene a mancare in seguito all’occlusione di una o più arterie coronariche. Il cuore, privato dell’ossigeno, muore. L’infarto miocardico è una malattia che colpisce più di duecentomila italiani l’anno e che in 1/3 dei casi conduce alla morte. Se l’infarto colpisce solo una zona molto limitata del muscolo cardiaco, le conseguenze non sono gravi. A volte si riscontra persino la totale mancanza di sintomi, si parla allora d’infarto silente. Se la lesione del muscolo cardiaco è molto estesa, può provocare la morte o un’invalidità (di grado variabile).
Quali sono le cause dell’infarto miocardico
Molti sono i fattori che contribuiscono ad aumentare il rischio di infarto miocardico, come ad esempio:
· L’età;
· Precedenti familiari di infarti in età precoce;
· Sesso maschile;
· Livello di colesterolo elevato;
· Ipertensione;
· Diabete;
· Obesità;
· Fumo.
Nella maggior parte dei casi, l’infarto miocardico è dovuto alla formazione di un grumo di sangue (coagulo) che ostruisce un’arteria coronarica. Si tratta in questo caso di una trombosi coronarica. E’ più raro che il restringimento, o la contrazione temporanea, di un’arteria coronarica possa scatenare un infarto.
Alcuni sintomi dell’infarto miocardico
Il primo sintomo dell’infarto miocardico è il dolore:
· Dolore spontaneo o provocato da sforzo, emozione, o stress;
· Dolore leggero o senso di oppressione, di morsa, di bruciore o di gonfiore;
· Dolore localizzato al centro del petto e che si irradia spesso verso la schiena, la mascella o il braccio sinistro;
· Disturbi del ritmo cardiaco (aritmia), palpitazioni;
· Sudori freddi, nausea, vomito, ansia o difficoltà respiratoria possono accompagnare il dolore.
Ogni segno di infarto miocardico esige l’ospedalizzazione immediata; ogni ritardo può mettere in gioco la sopravvivenza.
Trattamento dell’infarto miocardico
Ogni sintomo che segnali l’inizio di un infarto impone l’immediata consultazione di un medico. Se il medico non è rintracciabile, bisogna raggiungere immediatamente il pronto soccorso dell’ospedale più vicino. Il medico esegue un esame clinico completo ed effettua uno o più elettrocardiogrammi per misurare il ritmo e la funzionalità cardiaca. Il medico fa inoltre eseguire delle analisi del sangue che misurano gli enzimi liberatisi durante l’infarto. Fino a poco tempo fa la terapia consisteva essenzialmente nell’alleviare il dolore, nella somministrazione di farmaci che regolassero il ritmo cardiaco e, se necessario, nella rianimazione cardiaca tramite stimolazioni elettriche (defibrillazione) o chimiche. Nuovi farmaci, conosciuti con il nome di trombolitici, permettono oggi di sciogliere rapidamente i grumi di sangue all’origine della maggior parte degli infarti. La loro efficacia dipende dalla tempestività della somministrazione; per limitare significativamente il rischio di lesioni muscolari gravi, devono essere assunti al massimo entro tre ore dall’inizio della crisi. Se si è da soli, occorre consultare un medico nel più breve tempo possibile; ogni ritardo può comportare la morte. Chiamare in caso di urgenza un’ambulanza.
Come si evolve l’infarto cardiaco
Le cellule del muscolo cardiaco private dell’ossigeno, a causa dell’interruzione dell’irrorazione, cominciano a morire. Un infarto leggero dura meno di un’ora e non ha conseguenze gravi. Una terapia appropriata permetterà al muscolo cardiaco di riprendere la propria funzione e lascerà solo strascichi trascurabili. Le crisi più gravi distruggono un’area più rilevante provocando un’invalidità permanente o la morte. Le complicanze di un infarto, anche se di moderata gravità, possono essere molto gravi: comparsa di un ritmo cardiaco accelerato e irregolare che impedisce al cuore di svolgere la sua funzione di pompa del sangue. Il 50% delle persone colpite da un infarto miocardico ritornano tuttavia a una vita normale nel giro di pochi mesi. L’assunzione regolare di dosi minime di aspirina riduce il rischio di ricadute e di complicanze. Un infarto miocardico può provocare, come già detto, anche la morte, che colpisce appunto, un infartuato su tre.
Prevenzione primaria e secondaria dell’infarto miocardico
La migliore prevenzione per l’infarto è quella primaria (condurre uno stile di vita adeguato a evitare la comparsa del primo evento cardiaco cercando di abbattere i fattori di rischio), quando invece una persona ha già subito un infarto si parla di prevenzione secondaria, che consiste nel tenere sotto controllo tutti quei fattori che diversamente combinati lo hanno provocato (pressione arteriosa, peso corporeo, diabete, fumo, sedentarietà, dieta, stress lavorativo) seguendo alcuni consigli utili, come:
- Seguire alla lettera le prescrizioni del medico;
- Seguire una dieta equilibrata e ricca di ortaggi, frutta e pesce;
- Tenere sotto controllo il peso;
- Evitare di fumare;
- Bere poco caffè e poco alcol;
- Condurre una vita sociale attiva e praticare ogni giorno almeno 30 minuti di esercizio fisico non eccessivamente faticoso;
- Non isolarsi completamente trascurando gli affetti e la vita di relazione;
- Riprendere il lavoro appena possibile, cercando di evitare impegni troppo stressanti;
- Ritagliarsi del tempo per se stessi, per il riposo e per il divertimento oppure per un hobby.