Ovunque ci si volti si sente parlare della ricchezza dell’occidente, di quanto sia all’avanguardia ed autosufficiente in tutto e per tutto. Per prima cosa bisogna precisare però che quando si parla di questo “occidente” così avanzato e benestante ci si riferisce principalmente agli Stati Uniti, all’Europa occidentale e al Giappone, cioè le zone del mondo che possono vantare di avere il progresso, il potere economico, la cultura e altri privilegi che il resto del pianeta può soltanto sognare.
C’è da dire però che si parla maggiormente delle zone più povere del globo e del cosiddetto “terzo mondo”. Di quella che è stata perfino definita la nostra “palla al piede”.
È sicuramente giusto parlarne, perché il primo passo per risolvere un problema è ammettere di averlo, però se ne discute in maniera passiva, pensando che ognuno di noi può fare ben poco per risollevare le loro sorti, che ci dispiace per loro che non hanno avuto la nostra fortuna e i più crudeli penseranno perfino che in fondo sono affari loro e non nostri, e che quindi se la debbano sbrigare da soli.
Noi dipendiamo da loro!
È sorprendente quanto poco sia divulgata l’idea che senza gli stati più poveri tutto il nostro sistema economico andrebbe in mille pezzi. In molti si chiederanno il perché, non avendo mai pensato che prodotti come il legno, la colla, il caffè, il tabacco, il cacao, i personal computer e molti altri prodotti che, oltre ad essere ormai entrati nel nostro uso comune, sono anche indispensabili per il nostro benessere vengono prodotti proprio nelle zone che tanto vengono denigrate.
Tanto più grande è il nostro benessere, tanto meno è il loro.
Il mercato globale si basa sulle fondamenta di un’agguerrita concorrenza fra paesi. Di conseguenza si mira sempre a svalutare e sfruttare il lavoratore a beneficio della propria azienda e quindi dell’economia del proprio paese. Sebbene questo fenomeno di sfruttamento in Italia, come nel resto del mondo occidentale sia estremamente ridotto, nei paesi più poveri è la regola fissa che muove le aziende e i produttori di qualsiasi bene producibile in quelle zone.
Salari quasi inesistenti, orari di lavoro massacranti e nessuna norma sugli infortuni sono l’ambiente in cui si trovano la gran parte dei lavoratori delle zone più povere. Zone diventate tali solo per volontà di monopoli e “sciacalli” che hanno avuto e tutt’ora hanno l’interesse che nulla di tutto ciò cambi.
Cosa si può fare a riguardo?
Come singoli individui c’è ben poco che si può fare, ma quando da semplici individui, quali siamo, prenderemo coscienza di poter diventare “la massa” allora non ci sarà nulla che non si potrà fare. Nel nostro piccolo, per quanto ognuno di noi vorrebbe che le cose cambiassero, sappiamo che probabilmente neanche un miracolo potrebbe mutare questo sistema. Perchè ad esempio nel nostro paese non riusciamo neanche ad unirci per combattere la mafia, e come potremmo mai unirci fra noi e con il resto del mondo per combattere un’organizzazione mondiale che guadagna sulle poveri genti che sfrutta?
Sono troppi gli interessi in gioco, ed è troppo poca la volontà di ogni singolo individuo, che mette sempre davanti a sé il proprio bene, o quello di coloro che gli stanno vicino, piuttosto che il bene dell’intero pianeta.
L’unica cosa che si può fare, per sperare che un giorno qualcosa cambi e che si radano al suolo le usanze vigenti in questo momento per riformarle da zero, è fare campagna di informazione. Più gente viene a conoscenza del problema reale, e non quello proposto dal nostro, ormai più che venduto sistema giornalistico, più gente penserà ai problemi di coloro nati dalla “parte sbagliata” del mondo.
Solo così, con l’informazione, un giorno forse gli sfruttamenti finiranno e ogni lavoratore avrà un pagamento equo ai propri sforzi che gli possa garantire uno stile di vita adeguato e dignitoso.