Le borracce di alluminio potrebbero non essere così tanto sicure come immaginiamo. Anche se nei limiti di legge, infatti, questo tipo di borracce rilascerebbero nell’acqua che beviamo, tracce di metalli e di altri composti chimici, con possibili conseguenze sulla salute. A scoprirlo è stata una ricerca effettuata dal Dipartimento di Sanità Pubblica e Malattie Infettive dell’Università La Sapienza di Roma, commissionata da Fondazione Acqua. Si tratta di uno studio unico nel suo genere perché incentrato sul rilascio chimico-fisico di elementi dalle borracce, mentre sino ad ora erano stati valutati solo gli aspetti batteriologici.
La ricerca è stata condotta su 20 tipologie di borracce differenti, acquisite tramite i principali rivenditori e sul mercato elettronico, e ha permesso di ottenere più di 24mila risultati analitici, che hanno consentito di valutare (mediante simulazione d’uso con un’acqua test demineralizzata) le possibili cessioni di 40 elementi inorganici (metalli, semimetalli e non metalli) e di 7 composti organici (6 ftalati e Bisfenolo A). I risultati ottenuti hanno mostrato assenza di cessione di composti organici dalle borracce in plastica e, al contrario, fenomeni di cessione di elementi inorganici da tutte le borracce testate.
Si parla di fenomeni molto variabili tra le diverse tipologie di borracce e spesso caratterizzati da cessioni multielemento anche di alluminio, cromo, piombo, nichel, manganese, rame, cobalto, ecc. Secondo i ricercatori, anche se la quantità di metalli, semimetalli, non metalli, ftalati e bisfenolo A rilevati non superano i parametri imposti per legge, queste cessioni si sommano ai metalli spesso presenti nell’acqua potabile di rubinetto con il rischio, per chi usa abitualmente le borracce, di oltrepassare facilmente le soglie considerate sicure per la salute.
“La variabilità riscontrata nella cessione di elementi chimici è con tutta probabilità da attribuire sia alla qualità del materiale di fabbricazione che alle modalità di lavorazione”, riferiscono i ricercatori. “La presenza di metalli estranei quali cromo, bismuto, manganese, bario, rame, zinco, ecc. nelle cessioni di borracce in alluminio – continuano – fanno supporre che il materiale di fabbricazione possa derivare anche da processi di recupero/riciclo, elementi critici se condotti senza le dovute attenzioni necessarie per garantire la conformità a quanto previsto dalla normativa vigente sui materiali destinati al contatto con alimenti (cosiddetti MOCA)”. Un altro aspetto emerso dallo studio è dunque la non piena conformità delle borracce analizzate ai Regolamenti CE e alle norme nazionali sui MOCA. Infatti, visto che l’acqua destinata al consumo umano è un alimento a tutti gli effetti anche i materiali e gli oggetti destinati al contatto con l’acqua, come appunto le borracce devono rispettare specifici criteri, nell’ottica del mantenimento delle caratteristiche organolettiche e nutrizionali dell’alimento stesso e di sicurezza igienico-sanitaria del consumatore.
Tra le borracce esaminate, solo alcune presentavano il simbolo previsto o le indicazioni di impiego ed elementi utili per la loro identificazione ai fini della necessaria rintracciabilità, un fatto che dovrebbe renderle inadatte alla vendita sul mercato.
“Nell’ultimo periodo stiamo assistendo ad una campagna di demonizzazione della plastica con particolare riferimento alle bottiglie, a favore delle borracce”, commenta il presidente della Fondazione Acqua, Ettore Fortuna. “Non solo andrebbe spiegato ai consumatori che le bottiglie in pet sono riciclabili al 100% ritornando ad essere nuove bottiglie dopo il loro recupero e riciclo, ma soprattutto se si parla della salute delle persone è fondamentale dare loro le corrette informazioni per poter scegliere consapevolmente”
FONTE: equivalente.it
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