Bulimia e anoressia

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Numerosi sono i disturbi che riguardano l’alimentazione ma pochi destano maggiore allarme sociale come bulimia e anoressia. Diagnosticate principalmente su soggetti di sesso femminile, bulimia e anoressia colpiscono, nel nostro Paese, il 15% di adolescenti. Spesso si tratta di soggetti giovani, poco più che adolescenti.

L’anoressia è senz’altro il disturbo del comportamento alimentare più diffuso tra le teenagers e consiste nel rifiuto, privo apparentemente di ogni fondamento organico di malattia, di nutrirsi: è oggi infatti riconosciuta come disturbo di natura psicopatologica. La malattia esordisce infatti tra i 12 e i 25 anni d’età ma i picchi di maggiore frequenza fra i 14 e i 18 anni, quando cioè i modelli culturali proposti dalla società sono maggiormente assimilati dai soggetti. Non sono rari però i casi di pazienti al di sotto dei 10 anni e perfino di sesso maschile. I manuali psichiatrici raccomandano al medico di basare la propria diagnosi su alcuni elementi base. Non è però strettamente necessario che tali elementi concorrano, anche perché essi vanno valutati singolarmente e in modo estremamente approfondito.

La diagnosi.
Il primo elemento che induce a diagnosticare l’anoressia nervosa in un paziente è senz’altro l’estrema magrezza, totalmente slegata dalla costituzione del soggetto, accompagnata spesso dal rifiuto di aumentare il proprio peso oltre una certa soglia. Per la diagnosi di tale patologia i medici solitamente si basano su criteri di valutazione che stabiliscono la soglia di pericolo al di sotto dell’85% del peso previsto in base all’età ed all’altezza del paziente, nonché sull’indice di massa corporea inferiore a 17,5. La preoccupazione di ingrassare è generalmente accompagnata da una cura quasi maniacale del proprio aspetto fisico. Nei pazienti di sesso femminile (il sesso maggiormente colpito) tali scompensi fisici e psichici sono causa di amenorrea, cioè della sospensione del ciclo mestruale che può durare anche diversi mesi. Non meno grave è il comportamento psicologico del paziente. La persona affetta da anoressia infatti è spesso bugiarda; mente a sé stessa e agli altri per nascondere il suo stato di disagio psico/fisico

È necessario però operare una distinzione fra  “anoressia nervosa con condotte di eliminazione”,  cioè quella patologia che prevede grandi assunzioni di cibo, seguite poi da condotte di eliminazione quali vomito autoprovocato, clisteri, lassativi o diuretici e “anoressia nervosa con restrizioni”, quando cioè il soggetto rifiuta semplicemente di alimentarsi in modo regolare.

La bulimia.
Simile, sia per quanto concerne la cura che la diagnosi, è la bulimia. Tale patologia colpisce principalmente i soggetti compresi fra i 12 e i 14 anni e prevede comportamenti di assunzione smodata di grandi quantità di cibo, oppure assunzione incontrollata di un determinato tipo di cibo, entrambe di tipo compulsivo. Tali assunzioni possono essere seguite da comportamenti di eliminazione autoindotti , oppure da comportamenti compensativi di diverso tipo, comunque non in linea con la fisiologia del soggetto, che però non prevedono vomito, clisteri, ecc. Il soggetto deve aver la sensazione di non poter assolutamente controllare i propri impulsi al mangiare. L’assunzione deve essere assolutamente abnorme: il paziente deve mangiare molto di più di quanto una persona normale mangerebbe in quella determinata situazione. Tali comportamenti irregolari devono verificarsi, per aversi reale situazione patologica di bulimia, almeno tre volte la settimana e per tre mesi.  Diverse, per numero e per tipo, le cause che provocano anoressia e bulimia: sono principalmente di natura psicologica, biologica e sociale. Molto spesso un fattore predisponente è la presenza in famiglia di una persona che soffre delle stesse patologie. Una famiglia in cui vi sia difficoltà di comunicazione, scarsa empatia fra i componenti, contrasti o divergenze, possono scatenare disturbi dell’alimentazione in forma anche grave.

Vi sono poi diverse categorie in cui il pericolo è estremamente maggiore, in cui cioè esistono maggiori rischi che il controllo del peso si tramuti in malattia. Si tratta di atleti/e, attori/attrici, ballerini/e, ecc. Inoltre, non è da trascurare il fatto che nei paesi occidentali più ricchi, la magrezza è per lo più considerata come un valore. Ciò spinge i soggetti a seguire diete ferree, spesso del tutto inappropriate.  Non meno importante è il fattore stress. Altro fattore scatenante può essere l’impotenza di cui il soggetto si sente vittima affrontando la vita quotidiana. Non è raro che frequenti delusioni in campo affettivo, lavorativo, sociale o scolastico, possano creare sensazione di impotenza nel paziente, compensati dalla sensazione di poter controllare almeno l’alimentazione. Il paziente perciò, per dimostrare la sua capacità di controllo, cerca di dimostrare di non essere dipendente dal cibo, liberandosi dalla schiavitù di alimentarsi. La vittoria sulla fame crea in questi soggetti autostima e sensazione di controllo.

Le cure.
Per la cura dei disturbi alimentari è però precondizione necessaria che il soggetto affetto riconosca la propria condizione di disturbo e che si impegni a combatterlo assieme al medico. Il grado di intervento del medico dipende dalla gravità dei sintomi che il soggetto presenta e combina terapie di diverso tipo, di natura principalmente psicologica e nutrizionale, dato che, allo stato attuale, non esistono farmaci atti alla cura di disturbi dell’alimentazione. Nei casi più gravi le terapie devono avvenire sotto stretto controllo medico, perciò si rende necessario il ricovero in ospedale. Le terapie psicologiche possono agire su più livelli, coinvolgendo spesso la famiglia o un gruppo di pazienti per agevolare dialogo, confronto e condivisione dei problemi.  

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