L’anoressia è un disturbo psichico che porta a una grave e notevole perdita di peso autoindotta, inedia, amenorrea, e una psicopatologia caratterizzata da una eccessiva paura di ingrassare… tutto questo accade quando i chili di troppo diventano una malattia. I soggetti che ne sono affetti arrivano ad odiare il proprio corpo, insoddisfatti del proprio aspetto fisico, considerato deforme. Si crea così, nella psiche del soggetto colpito, un grande senso di insoddisfazione del tutto addossata al proprio corpo, costretto ad essere modificato a tutti i costi, simbolo e denuncia di sofferenza interiore e di disagio sociale. Si distinguono due forme di anoressia: di tipo restrittivo, dovuta ad un ridotto introito calorico e di tipo purgativo, dove si alternano periodi di semi digiuno e pasti seguiti da comportamenti compensatori quali vomito, assunzione di diuretici ed uso di lassativi che conducono a complicanze. Clinicamente si può manifestare con disturbi del sonno, stipsi, dolori addominali, sensazione di sazietà precoce, cachessia, debolezza muscolare, pelle secca e spesso gialla, riduzione del volume del ventricolo sinistro con prolasso della valvola mitrale, amenorrea, alterazione della funzione tiroidea, surrenalica, renale, gastrointestinale e cardiovascolare. Se il peso corporeo assume valori inferiori al 30% del peso ideale il rischio di morte è elevato. La terapia prevede l’intervento di un medico psichiatrico e di un’equipe clinico-nutrizionale. Le donne colpite in Italia sono tra le 150 e 200 mila, la mortalità è del 10% a 10 anni dall’esordio della malattia e del 20% a venti anni! Cifre spaventose che riguardano soprattutto generazioni di giovanissime tra i 12 e i 25 anni. Si parla del 0.2 -0.3% della popolazione, peccato però che molte non dichiarino di essere malate e non si facciano curare e a conti fatti la cifra reale sembra addirittura triplicata! I disturbi del comportamento alimentare sono patologie gravi, invalidanti e con elevato indice di mortalità! Questo è ciò che ha fatto presente Roberto Ostuzzi, presidente della Sisdca (Società italiana per lo studio dei disturbi del comportamento alimentare), che al Policlinico Umberto I di Roma ha presentato le nuove statistiche su anoressia e bulimia nervosa. Nei soggetti affetti da anoressia si riscontra un conflitto con il corpo rifiutato e maltrattato, un rifiuto della sessualità e delle proprie trasformazioni corporee in seguito alla pubertà. Tutto questo porta ad evitare i cibi ipercalorici, grassi, per evitare la formazione di chili di troppo, ma non solo. Spesso i pasti sono seguiti da atti di vomito autoprovocati. Inoltre, i soggetti affetti da questo grave disturbo psichico si sottopongono ad eccessiva attività fisica e fanno uso di purganti e lassativi. Nei soggetti colpiti si verifica un disturbo ormonale che determina amenorrea (assenza di ciclo mestruale). L’adipe, la massa grassa che costituisce il tessuto adiposo, solitamente nella donna si accumula sui fianchi ed, entro i limiti del peso ideale per ciascun soggetto, ha un ruolo protettivo contro malattie cardiovascolari, la massa magra è il “peso” del tessuto muscolare che nell’anoressico si riduce per la perdita di proteine. In condizioni estreme si può realizzare cachessia, cioè un’accentuata magrezza con scomparsa dell’adipe e fusione dei muscoli. E’ stato notato che circa un terzo degli anoressici sono stati in leggero sovrappeso prima di essere colpiti da tale disagio psichico e spesso, da quel che è stato riscontrato a seguito di approfonditi studi, capita che, oltre al desiderio di dimagrire e apparire in forma a tutti i costi, i soggetti sono vittime di una vita eccessivamente stressante. Coloro che sono affetti da questo disturbo tendono a non prendere coscienza del loro stato e, così, aggirano l’ostacolo della malattia, prendendo il problema sotto gamba o ridendoci su. Di gran lunga un atteggiamento poco lucido e scaturito dalla vergogna e dai pregiudizi, questo comporta la difficoltà, da parte del soggetto malato, di sottoporsi a una cura, a una psicoterapia, e rende difficile ogni forma di consiglio esterno. I soggetti che sono colpiti da anoressia presentano molto spesso dei comportamenti ossessivi e compulsivi, come lavarsi le mani frequentemente. Come già accennato, l’anoressia deriva da una profonda insoddisfazione di sé, la quale sfocia, poi, in una auto-frustrazione, processo in cui è il corpo a pagarne le conseguenze. Si riversa, quindi, tutto il proprio malessere sulla propria estetica, è un modo, forse, per associare al disagio psicologico quello fisico, come se fossero compagni della stessa sventura. L’aspetto patologico nei soggetti affetti da anoressia non è la mancanza di appetito, ma il netto rifiuto dell’ingestione e della ritenzione del cibo, accompagnati da iperattività muscolare. Senza trattamento, il tasso di mortalità dell’anoressia nervosa si avvicina al 10% riguardante soprattutto i casi gravi. Una terapia adeguata permette invece il recupero completo del peso per la metà dei soggetti, seppure un quarto di essi rimangano esposti al rischio di ricadute e di complicanze di ordine fisico o mentale. Il trattamento d’urgenza prevede un ricovero salvavita per il ripristino del peso corporeo, seguito, nella maggior parte dei casi, da una terapia a lungo termine per migliorare il funzionamento mentale e prevenire le ricadute. Generalmente, il ricovero è richiesto quando il peso scende al di sotto del 75% rispetto a quello ideale. In questo caso si procede alla terapia nutrizionale, che comincia dalle 30-40 calorie quotidiane e permette un recupero del peso corporeo compreso tra 0,5 e 1,5 chili a settimana. La perdita di massa ossea viene invece trattata con integrazioni di calcio (1200-1500 mg/die), vitamina D (600-800 UI/die) e bifosfonato. Una volta stabilizzato lo stato nutrizionale e l’equilibrio elettrolitico, ha inizio la terapia a lungo termine, basata sulla psicoterapia individuale di tipo cognitivo-comportamentale, affiancata da quella familiare.
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