La tiroide

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La tiroide è una ghiandola posta nel collo, sotto la cartilagine tiroidea costituente il noto pomo d’Adamo. La sua forma è quella di una farfalla con due ali poste ai lati della laringe. La tiroideLe due ali costituiscono i lobi della tiroide, mentre la parte centrale che le congiunge è detta istmo. Si tratta di una ghiandola endocrina, cioè una ghiandola che produce degli ormoni, detti ormoni tiroidei, che entrano nel circolo sanguigno con la funzione di regolare il metabolismo. Per produrre questi ormoni, la tiroide necessità di stimolazioni, senza delle quali è inattiva. Le stimolazioni provengono da un ormone, il TSH (ormone tireostimolante) prodotto dalla ghiandola pituitaria, posta a fondo del cervello. Gli ormoni tiroidei inglobano delle molecole di iodio, elemento fondamentale per la loro produzione. La ghiandola può, in caso di malattia, produrre un eccesso di ormoni (caso in cui siamo in presenza di ipertiroidismo) o, viceversa, esserne carente (caso in cui siamo in presenza di ipotiroidismo). Il tumore della tiroide è provocato dalla crescita anomala di un gruppo delle sue cellule e può essere sia benigno sia maligno, caso, quest’ultimo, in cui si parla propriamente di cancro, fortunatamente non molto frequente, poiché costituisce l’1-2% di tutti i tumori, con un’incidenza di 4 casi ogni 100.000 abitanti. Inoltre, in caso di tumore, la sopravvivenza è molto elevata (oltre il 70% a 5 anni dalla diagnosi). Quelle più a rischio, in questi termini, sono le donne, più colpite degli uomini con un rapporto di uno a quattro. Diversi i fattori di rischio: –   il cosiddetto gozzo tiroideo, una crescita benigna della ghiandola dovuta a carenza di iodio che però predispone alla trasformazione maligna delle cellule; –  esposizione a radiazioni. La forma midollare è, peraltro, associata ad una sindrome chiamata neoplasia endocrina multipla di tipo 2 (o MEN 2), di stampo genetico. Il sintomo più comune del tumore della tiroide è un nodulo isolato all’interno della ghiandola, che si sente tra le dita se si tocca il collo in corrispondenza dell’organo. Non tutti i noduli tiroidei nascondono in forme di cancro; spesso, infatti, capita che sono il segno della cosiddetta iperplasia tiroidea, una forma benigna di crescita ghiandolare. La massa tumorale può presentarsi in diversi modi: più consistente a livello del collo o meno visibile. Generalmente, accade che quando il medico individua il nodulo in prossimità dell’organo, prescrive al paziente una collezione di esami per valutare la dose gli ormoni tiroidei in circolo sanguigno e il TSH. Anche un’ecografia può essere utile per identificare l’origine del nodulo, ma l’esame più specifico è la scintigrafia tiroidea, per la quale si usa un tracciante contenente iodio radioattivo. Lo iodio viene inglobato dalle cellule che producono gli ormoni e i nodi, ricchi di iodio radiattivo, appaiono intensamente colorati nella scintigrafia (detti, in quell’occasione, noduli caldi). Se, al contrario, il nodulo non ingloba niente si definisce nodulo freddo. Solitamente, i noduli caldi sono quelli benigni, mentre i freddi possono nascondere un tumore nel 15-20% dei casi. A rivelare la reale identità del nodulo è una biopsia, che permette di analizzare accuratamente il nodulo. La biopsia viene effettuata tramite un prelievo con un ago attraverso la pelle del collo. Se i dubbi persistono anche con questo esame, la scelta migliore è la prescrizione di una TAC o una risonanza per studiare lo stato dei linfonodi del collo. La prevenzione consigliata è quella di inserire nella propria dieta il sale iodato, in grado di prevenire anche i disturbi benigni della tiroide. E’ controindicata qualsiasi forma di screening, in quanto si tratta di tumori rari che, spesso, non danno problemi per lunghi anni. Si consiglia vivamente di far controllare sempre il proprio collo dal medico che, attraverso la palpazione riesce a rilevare o, in caso positivo, ad escludere la presenza di eventuali formazioni nodulari. La palpazione della tiroide, comunque, dovrebbe far parte di un corretto esame clinico di medicina interna. Per quel che riguarda la cura, l’unica via applicabile ad oggi la chirurgia sembra essere l’unico trattamento a disposizione della medicina. In questi casi, si preferisce asportare l’intera ghiandola, per evitare nuove formazioni nodulari. Solo in caso di una forma papillare al primo stadio di gravità è possibile procedere alla lobectomia, ossia l’asportazione del solo lato coinvolto. In questo caso, però, i controlli sul paziente saranno molto più ravvicinati sempre per la questione di riformazione. Il trattamento comprende anche l’asporto dei linfonodi coinvolti. Dopo l’intervento, in genere, vengono somministrati ormoni tiroidei in sostituzione di quelli che la ghiandola non può più produrre. Nei casi di metastasi, il paziente può subire un trattamento a base d iodio radioattivo. Poco usata è invece la chemioterapia, limitata alle sole forme di avanzata metastasi.

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