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Cellule staminali: la prospettiva delle biotecnologie

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Uno dei temi in cui più emergono problematiche etico-sociali nel vasto campo degli interventi diventati possibili grazie alle nuove conoscenze e alle capacità biotecnologiche, applicazione delle scienze della vita, è quello delle cellule staminali e delle relative applicazioni terapeutiche.
L’aspetto più evidente dello sviluppo postembrionale di un animale è la crescita, una fase (particolarmente lunga nell’uomo) durante la quale il peso aumenta notevolmente prima di stabilizzarsi sui valori caratteristici dell’adulto. L’aumento di peso dipende soprattutto dall’aumento del numero di cellule in tutto il nostro corpo.
Una volta raggiunte le dimensioni adulte, la maggior parte degli organi smette di crescere e lo sviluppo prosegue soprattutto attraverso la generazione di nuove cellule che rimpiazzano quelle che invecchiano e muoiono. La sostituzione sistematica delle cellule è in genere a carico di cellule staminali che, anche dopo la fine della crescita, conservano indefinitamente la capacità di dividersi.
Prima di andare avanti e addentrarci nel cuore del discorso concerne le cellule staminali (a cosa servono, perché tanto dibattute, quali i rischi di questa terapia) cerchiamo di capire cosa sono.
Per capire la definizione di cellule staminali è necessario capire prima, in linea generale, cos’è il differenziamento e cosa si intende. Il differenziamento cellulare è un fenomeno caratteristico degli organismi pluricellulari. Esso consiste in una progressiva e graduale specializzazione delle cellule destinate a formare il nuovo organismo: tutto questo porta al perfezionamento del rapporto con l’ambiente e dello svolgimento delle funzioni interne dell’organismo, dato che ogni funzione risulta denominata a gruppi di cellule dotate di competenza specifica.
Quando parliamo di staminali, ci riferiamo a cellule aventi diverso grado di differenziamento (si passa dalle cellule totipotenti dello zigote alle cellule unipotenti destinate al differenziamento terminale). Non è facile parlare delle staminali, come tutti gli argomenti medico-scientifici, ma cercheremo, a piccoli passi, di rendere l’argomento il più comprensibile possibile a tutti.
Le cellule staminali sono continuamente impegnate a dividersi per sostituire le cellule usurate dei tessuti a rapido ricambio, e in quelle che devono trasmettere alla discendenza un patrimonio genetico intatto.
Ci interesseremo, in particolare, delle cellule staminali adulte, che si ritrovano in piccole quantità solo in alcuni distretti corporei, quali midollo osseo, strato germinativo dell’epidermide, villi dell’epitelio intestinale e sistema nervoso centrale. Queste cellule possono dare origine solo a tipi cellulari definiti: queste cellule sono dette multipotenti.
Queste cellule sono particolarmente attive: quando una di esse si divide, una delle due cellule figlie si differenzia in un determinato tipo cellulare (per esempio, diventa una cellula del sangue o della pelle), mentre l’altra resta cellula staminale.
Normalmente, particolari sostanze presenti nel corpo e detti fattori di crescita regolano la divisione e il differenziamento delle cellule staminali in modo che questo processo avvenga solo dove e quando è necessario. Talvolta, però, qualcosa non va, la regolazione della crescita non funziona e i tessuti proliferano, in modo incontrollato, dando origine a cellule tumorali.
Le attività autoriparative delle cellule staminali adulte, capaci di sostituire cellule morte o non più funzionali, sono però completamente inadeguate a far fronte a massicci eventi di distruzione cellulari, quali quelli che si verificano nell’infarto del miocardio, o nell’ictus cerebrale o ancora nelle malattie neurodegenerative (morbo di Alzheimer, morbo di Parkinson ecc.).
La ricerca, quindi, ha cercato di capire quali potessero essere altre possibili fonti di cellule staminali umane. Le più significative sono quelle provenienti da:
– embrioni di tre giorni provenienti da fecondazioni in vitro, costituiti da otto cellule, e lasciati sviluppare fino a uno stadio di un migliaio di cellule circa (una settimana di età); queste cellule, messe in coltura, si moltiplicano indefinitamente formando linee ES (embryonic stem cell) che rappresentano un potenziale stock di cellule pluripotenti in grado, dietro opportuni stimoli, di differenziarsi nei diversi tipi cellulari. Gli embrioni usati sono quelli prodotti in eccesso nelle pratiche di fecondazione artificiale;
– feti abortiti all’ottava settimana, dai quali si prelevano alcune cellule della linea germinale (dette cellule EG, embryonic germ cell) che doneranno ovuli e spermatozoi; anch’esse originano linee cellulari che si moltiplicano indefinitamente essendo una utile fonte di cellule staminali;
– sangue del cordone ombelicale e della placenta, sotto forma di elementi multipotenti capaci di fornire gli elementi del sangue (cellule staminali emopoietiche). Ogni neonato dovrebbe avere la poesia di dotarsi, alla nascita, delle cellule del proprio cordone ombelicale adeguatamente conservate; ma tale pratica attualmente risulta di difficile realizzazione.
Un numero sempre maggiore di genitori sta richiedendo la conservazione del sangue del cordone ombelicale dei figli neonati, come una sorta di “polizza di assicurazione di cellule staminali”, nel caso il bambino sviluppi, nel corso della propria vita una patologia che possa essere curata con la somministrazione di HSC (cellule staminali emopoietiche).
Mentre l’utilizzo del cordone ombelicale e della placenta non presenta, ovviamente, problemi etici, l’utilizzo di embrioni umani sovrannumerari provenienti da interventi di fecondazione medicalmente assistita, e ancor più di embrioni realizzati al solo fine di produrre cellule staminali (la cosiddetta clonazione terapeutica) hanno sollevato considerevoli discussioni etiche, sociali e politiche, sia nel nostro paese che nel resto del mondo. L’emblema della discussione mondiale intorno alle staminali è se la blastocisti preimpiantato sia da considerare individuo umano a tutti gli effetti, esente da tutela giudiziaria, e, quindi, intangibile.
A favore dell’intangibilità dell’embrione a qualunque stadio di sviluppo, e perciò contrarie al ricorso delle cellule staminali pluripotenti e della clonazione terapeutica, sono posizioni di matrice religiosa, ma anche alcune posizioni laiche, che vedono l’inizio della vita della singola persona umana al momento della formazione dello zigote.
Favorevoli, invece, all’utilizzo delle staminali embrionali sono coloro i quali ritengono che il concetto giuridico ed etico di persona sia applicabile all’embrione solo quando emergono le facoltà superiori, cioè col formarsi del sistema nervoso centrale, pari al 14° giorno della fecondazione.
I diversi paesi europei hanno sviluppato norme di legge per guidare le attività di ricerca e di trattamento medico in questo ambito. In Italia è stata approvata nel 2004 una legge sulla fecondazione medicalmente assistita, che non permette né manipolazioni sull’embrione né la produzione di embrioni sovrannumerari; non consente, inoltre, la sperimentazione sugli embrioni congelati oggi esistenti e non utilizzabili per l’impianto. Si ricordi che su questa legge sono stati richiesti referendum abrogativi, sia relativi ad alcuni aspetti specifici sia nel complesso del discorso.
In Spagna è stata proposta una legge per consentire la sperimentazione sugli embrioni sovrannumerari.
In Gran Bretagna sono consentiti gli studi sulla clonazione terapeutica umana. Negli Stati Uniti, il governo federale consente di studiare solo su alcune linee di cellule staminali embrionali già sviluppate, ma non consente di produrne nuove.
Come è facile notare, i diversi paesi stanno affrontando l’argomento emblematico in modi differenti, proprio perché l’argomento pone grossi interrogativi non solo al mondo della ricerca biotecnologica e medica, ma all’intera società.

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