Dal greco glukòs, che significa “dolce”, la parola glucidi indica tutti quegli zuccheri – chiamati anche saccaridi o carboidrati – dalle diverse funzioni biologiche: una tra queste, forse la più indicativa, riguarda la capacità di fornire la giusta riserva energetica al nostro organismo perché funzioni in maniera adeguata.
I glucidi – che dal punto di vista chimico sono aldeidi, o chetoni, ai quali vanno aggiunti dei gruppi ossidrilici – sono anche conosciuti come componenti strutturali della cellulosa nelle piante e della cartilagine negli animali.
Essi vanno essenzialmente distribuiti in due categorie: da un lato, infatti, esistono i carboidrati – o glucidi – semplici (meglio noti come monosaccaridi o disaccaridi) e dall’altro quelli complessi, che possiamo classificare in oligosaccaridi e polisaccaridi.
I primi – ovvero i monosaccaridi – vengono identificati in base a tre differenti caratteristiche: la posizione del loro gruppo carbonile, il numero di atomi di carbonio che contengono e la loro chiralità. Per quanto riguarda il primo valore, se il gruppo carbonile è aldeidico, il monosaccaride si chiamerà aldeoso; se il gruppo carbonilico è invece chetonico, il monosaccaride si dice chetoso. Per quanto invece concerne il numero di atomi, se esso è formato da tre atomi di carbonio, sarà detto trioso; se è composto da quattro atomi di carbonio è chiamati tetroso; pentoso se è formato da cinque atomi, esoso se è composto da sei ed eptoso se invece è caratterizzato dalla presenza di sette atomi. Questi sono i due principali sistemi di classificazione di un monosaccaride, spesso combinati tra di loro.
Il monosaccaride è una vera e propria importantissima riserva per il nostro corpo, e presenta il vantaggio di esser trasformato in una forma più efficiente per il metabolismo quando non serve la sua presenza immediata: in tal caso, infatti, il monosaccaride si trasformerà in polisaccaride, tra i quali ricorderemo la chitina (che concorre alla formazione dell’esoscheletro degli artropodi e svolge una funzione strutturale) ed il glicogeno, detto anche “amido animale” (che invece si trova nel fegato e nei muscoli e viene utilizzato sia dagli esseri umani che dagli animali). Quest’ultimo si comporta come importante riserva naturale di energia, ed è particolarmente adatto agli animali ed agli esseri umani in quanto essi sono “in movimento”: le forme di glicogeno più diffuse sono il glicogeno epatico e glicogeno muscolare; il primo si trova appunto nel fegato ed ha una durata di circa 24 ore, mentre il secondo è la riserva di zucchero utilizzata direttamente dalle cellule muscolari senza passare attraverso la circolazione sanguigna, a differenza del glicogeno epatico che invece, prima di raggiungere le cellule ed il tessuto muscolare deve essere immesso nella circolazione sanguigna.
Le piante invece riconoscono questa riserva di energia nell’amido (il quale si può trovare sia nella forma di amilosio sia in quella ramificata dell’amilopectina).