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Il fumo: un’arma per socializzare

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Avete mai provato a chiedere a qualche fumatore perché lui fumi? La risposta nella maggior parte dei casi è: “Perché mi piace!”. Ma cosa ci spinge davvero ad accendere quell’agglomerato di tabacco incartato? Alcuni dicono che sia la noia, e che la sigaretta serva a  riempire i momenti vuoti della giornata. Spesso la si usa come inconscia scusa per prendersi quei 5-10 minuti di pausa dal lavoro e andare fuori a fumare per “staccare la spina” e scambiare quattro chiacchiere con un collega, con il portiere o semplicemente con un passante. La sigaretta viene inoltre spesso tirata in ballo come anti-stress, elogiando le sue qualità distensive e rilassanti che spesso non sono altro che frutto della propria immaginazione. Nonostante ormai perfino lo stesso pacchetto ti avverta in maniera molto dura sui rischi che può provocare il fumo, questa sorta di “epidemia” continua a dilagare, e negli ultimi anni è riuscita ad investire perfino una delle le fasce più basse della popolazione: gli adolescenti. Questi, pur pienamente coscienti di tutti i mali derivanti dal fumo, lo usano come arma per socializzare. Chi fuma è alla moda. Chi fuma ha fascino. Chi fuma è maturo. A causa dei classici film in cui il bellissimo attore o attrice di turno non fa altro che gonfiare nuvole di fumo dalla bocca, inconsciamente si recepisce la figura del fumatore come qualcosa a cui propendere, come un esempio da imitare. Se a tutto questo si aggiunge il fattore trasgressione il quadro non può che diventare completo. Il fumare, o il chiedere una sigaretta, diventa però in molti casi un elemento base per poter ampliare la propria cerchia di amici. Spesso, ad esempio all’università fra una lezione e l’altra o aspettando il bus alla fermata, una semplice domanda come: “Scusami! Hai una sigaretta?”, può ben presto trasformarsi in una vera e propria conversazione, che può sfociare in uno scambio di numeri telefonici e magari in un’uscita insieme. A qualsiasi fumatore è capitato, almeno una volta di fermarsi a parlare con qualcuno che gli avesse chiesto una sigaretta, oppure d’accendere. Ovviamente sono più propense le interazioni con gente del sesso opposto al proprio, ma spesso si può trovare molto piacevole anche un “dialogo-sigaretta” con gente del proprio sesso, affrontando magari temi calcistici, d’abbigliamento, o qualsiasi altra cosa che possa interessare entrambi gli interlocutori. Ad esempio al di fuori delle università uno degli argomenti preferiti durante le “pause-sigaretta”, sono i vari commenti sui professori o sulle lezioni o materie appena svolte. Al di fuori degli uffici, sono le sussurrate critiche ai colleghi o gli ancora più sussurrati insulti al capo. Il fumo è quindi “un’arma” che si può tirar fuori ogni volta che si è a disagio, quando ci si vuole proteggere dalla noia o per tagliare quel velo di imbarazzo che divide ogni persona dall’altra. Un’arma che in tantissimi casi ormai viene impugnata con troppa facilità e in età in cui nessuna cosa del genere può essere consentita. Ma non bisogna dimenticare che tutto ciò che può fare quest’arma è nulla in confronto ai danni che arreca al fisico e alla mente. Infatti, questa è un’arma a doppio taglio, e le ferite che ci provoca sono molto profonde e tardive nel farsi vedere. Quando ci si accorge del male che ci si è fatti in molti casi è già troppo tardi. La domanda che dovrebbe porsi ogni fumatore è: “Sono davvero disposto a perdere preziosi anni della mia vita per questo?”. Ma si sa che ogni essere umano vede le disgrazie, la morte e la malattia lontano da sè, fino a quando non gli vengono a bussare alla porta, e a quel punto non si potrà non rispondere e far finta di non essere in casa. Dalla tasca piuttosto che tirar fuori un pacchetto di sigarette sarebbe meglio tirar fuori un po’ di personalità, di forza e volontà.

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