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Un’arte marziale adatta alle donne: il Judo

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Judo, la lotta delle donne
Giulia Quintavalle ha riportato alla luce questo sport, atletico e molto femminile. Sviluppa autocontrollo e concentrazione. Richiede impegno e determinazione ma anche eleganza e grande precisione. Dona coraggio, fiducia in se stessi e una forma fisica invidiabile. Non è una sorpresa quindi, che il judo è uno sport che appassiona anche le donne. E’ tutta via, una disciplina poco conosciuta in Italia, di origini orientali, e sta vivendo un momento di grande popolarità, soprattutto fra le donne dopo la vittoria di Giulia Quintavalle, la rivelazione italiana delle ultime olimpiadi di Pechino. Questa disciplina è adatta a tutti, e L’esempio di Giulia ci mostra che è possibile essere una campionessa di judo, ma anche una bella ragazza, atletica e estremamente femminile. Dopo la vittoria di Giulia, le indagini rilevano, un boom di iscrizioni nelle palestre circa la disciplina del judo, sia da uomini, sia da donne.

Le due tecniche
Nel judo la lotta tra i due avversari avviene a mani nude, senza l’uso di armi. E’ diverso dalle altre discipline di combattimento perché non prevede colpi, tipo calci o pugni, ma solo il contatto corpo a corpo fra gli atleti il cui scopo è di atterrare l’avversario. A chi comincia la prima cosa che si insegna è la caduta, è importante infatti per il judoka imparare la tecnica con cui toccare il terreno senza farsi male. Per esempio per attutire l’impatto, il trucco è battere con vigore la mano a terra. In seguito si passa all’insegnamento delle due tecniche fondamentali del judo: la lotta in piedi e la lotta a terra.

Lotta in piedi
Gli atleti sono uno di fronte all’altro sul tatami, il materassino giapponese. L’obiettivo è buttare a terra l’avversario usando, per sferrare l’attacco, diverse parti del corpo: braccia, gambe, anche e piedi. Ma non ci sono tecniche generali, ciascuno mette poi in atto la tecnica che preferisce. Giulia Quintavalle è specialista nella lotta in piedi e predilige la tecnica di gamba e di anca, che consiste nell’agganciare con la gamba destra quella dell’avversaria fino a farle perdere l’equilibrio.

Lotta a terra
E’molto diversa dalla lotta in piedi in cui gli atleti possono avere la meglio l’uno sull’altro in diversi modi: con immobilizzazioni, leve o strangolamenti. Le immobilizzazioni prevedono il blocco dell’avversario a terra sulla schiena per 25 secondi, usando un braccio o anche tutto il corpo.  La leva a gomito, consiste nell’afferrare il braccio dell’altro, iperestendendolo. Infine, lo strangolamento chiude l’incontro, ed uno dei due atleti afferra l’altro per i baveri del judogi ( la divisa) ed esercita una pressione graduale sui vasi sanguigni ai lati del collo. Lo scopo però, è da precisare, non è mai fare del male all’avversario, ma costringerlo ad arrendersi quando gli manca l’aria, quindi non bisogna spaventarsi, dal nome della tecnica, lo strangolamento.

Judogi e piedi nudi
Per praticare il judo si indossa il judogi, la divisa ufficiale composta da giacca e pantaloni larghi in cotone bianco e tenuti insieme da una cintura di colore diverso a seconda del livello tecnico. La lotta si svolge a piedi nudi sul tatami (il materassino giapponese). Prima dell’incontro i due atleti fanno un inchino di saluto. Alla fine, i due combattenti si saluteranno di nuovo, in segno di rispetto, come vuole l’antica tradizione giapponese.

I gradi delle cinture
I gradi sono attribuiti ad un praticante e permettono di valutare il suo livello tecnico, la sua efficacia in combattimento, il suo grado di anzianità così come le sue qualità morali, ciò che corrisponde al rispetto scrupoloso del codice morale così come un’applicazione sufficiente nella pratica. La classificazione prevede una prima divisione tra Mudansha (non aventi alcun dan) e Yudansha (portatori di grado dan). Le cinture sono state introdotte essenzialmente dagli occidentali per riflettere il grado. Si trovano nell’ordine la cinture bianca, gialla, arancione, verde, blu, marrone e la famosa cintura nera anche se dopo esiste anche la cintura rossa. Esistono anche le “mezze-cinture”, utilizzate in Italia per i giovani judoka per segnare la progressione tra due cinture: bianco-gialla, gialla-arancione, arancio-verde, verde-blu e la blu-marrone.La cintura nera può essere tutta nera nel caso in cui appartenga ad un sensei uomo, e può essere nera con una striscia bianca nel mezzo che percorre tutta la cintura nel caso in cui appartenga ad un sensei donna.

La via della flessibilità
Il judo nasce circa cent’anni fa su iniziativa del maestro Jigoro Kano con lo scopo di migliorare il fisico e temprare il carattere. E’ basato sull’antica arte marziale giapponese il Juitsu. In breve tempo la disciplina fa il giro del mondo fino a trasformarsi in un vero e proprio sport consacrato dall’esordio olimpico nel 1964 a Tokyo. Il judo femminile diventa disciplina olimpica solo nel 1992 a Barcellona. La parola judo e composta da ju che significa flessibilità, dolcezza e do che significa via, quindi via della flessibilità o la via della cedevolezza. Infatti, in questa disciplina non si usa mai la forza, ma al contrario si cerca di assecondare l’energia dell’avversario per poi sfruttarla a proprio vantaggio. 

Il Dōjō
Il luogo dove si pratica il jūdō si chiama dōjō che significa “luogo di studio della via”, parola usata anche nel buddismo ad indicare il monastero e ciò deve rappresentare un monito: il dojo è un luogo sacro da cui sono banditi comportamenti chiassosi e maleducati. Qui il judo viene praticato su un materassino chiamato tatami. Anticamente in Giappone era fatto di paglia di riso, oggi si usano materiali sintetici purché sufficientemente rigidi da potervi camminare sopra senza sprofondare ed elastici per poter cadere senza farsi male. Per non farsi male è usata l’arte del battere la mano, che consiste nel battere la mano libera dopo essere stati proiettati. Per proiettare si intende cadere in seguito ad una tecnica dell’avversario.

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