Il mieloma multiplo è un tumore che colpisce le plasmacellule, il risultato della maturazione dei linfociti B i quali, insieme ai linfociti T, rappresentano le due principali tipologie cellulari coinvolte nella risposta immunitaria. Si tratta di un tumore tipico dell’età avanzata e la sua diffusione si è mantenuta piuttosto stabile nel tempo, con il tasso della mortalità in lieve calo. Con il compito di produrre e liberare anticorpi per combattere le infezioni in corso nel nostro organismo, le plasmacellule si trovano soprattutto nel midollo osseo. Quando la loro crescita procede incessantemente, in modo illogico ed incontrollato si verifica l’insorgere del tumore. Inoltre, la loro smisurata crescita può portare anche altre conseguenze patologiche alle cellule del sangue (globuli bianchi, globuli rossi e piastrine) dando origine a un indebolimento delle difese immunitarie, insorgere di anemia o comparsa di difetti coagulanti. Detto questo, passiamo a trattare le cellule del mieloma, le quali producono in grande quantità una proteina nota come componente monoclonale (Componente M), un particolare tipo di anticorpo. Le cellule del mieloma producono una sostanza che stimola gli osteoclasti, i responsabili della distruzione del tessuto osseo; quindi, i soggetti affetti dal mieloma multiplo sono spesso vittime di fratture ossee. Il mieloma multiplo è una patologia leggermente più diffusa negli uomini che nelle donne: nel nostro Paese in media vengono diagnosticati ogni anno 9,5 nuovi casi ogni 100.000 uomini e 8,1 nuovi casi ogni 100.000 donne. In Italia le stime parlano di poco più di 2.100 nuovi casi di mieloma ogni anno tra le donne e circa 2.300 tra gli uomini e il rischio di ammalarsi di questo tumore nel corso della vita va dal 3,6 per mille delle donne (una donna su 275) al 5,2 per mille degli uomini (un uomo su 191). Nonostante alcuni pazienti con mieloma multiplo non presentino alcun sintomo, ci sono, solitamente, dei segnali che indicano la presenza della malattia, primo dei quali è il dolore alle ossa che si localizza soprattutto a livello della schiena, dell’anca e del cranio. Oltre al dolore, spesso si riscontra una notevole fragilità dell’osso, portato alla rottura anche in seguito a traumi lievi. Quando intacca le cellule del sangue, il soggetto è in preda all’anemia e accusa stanchezza, debolezza e difficoltà respiratoria legata alla diminuzione del numero di globuli rossi. La diminuzione di globuli bianchi (leucopenia) e piastrine (trombocitopenia) si manifesta, invece, con una minor resistenza alle infezioni e seri problemi di sanguinamento anche in seguito a banali tagli. In questo caso, il problema riguarda la coagulazione. Le cause del mieloma multiplo non sono ancora del tutto note anche se recenti studi hanno evidenziato la presenza di anomalie nella struttura dei cromosomi e in alcuni specifici geni nei pazienti affetti dalla patologia. L’età rappresenta il principale fattore di rischio per il mieloma multiplo: oltre due terzi riguardano persone di età superiore ai 65 anni e solo l’1% le persone al di sotto dei 40 anni. Inoltre, l’esposizione a radioattività e la presenza in famiglia di altre persone con la stessa patologia, potrebbero costituire fattori di rischio, e questo riguarda un numero molto esiguo di casi. Una situazione di particolare rischio è quella della gammapatia monoclonale, nota anche con la sigla inglese MGUS (monoclonal gammopathy of undetermined significance).: si tratta di una malattia che provoca una produzione eccessiva di immunoglobuline da parte delle plasmacellule del midollo osseo. Il termine gammapatia si riferisce al fatto che, con un esame chiamato elettroforesi, questi anticorpi formano un picco in un punto preciso del tracciato che si chiama “regione gamma”. La parola “monoclonale” indica, invece, che sono prodotte tutte da un solo clone di plasmacellule e che sono uguali fra di loro (le normali immunoglobuline, invece, sono policlonali). La MGUS non richiede alcuna terapia ma solo un’attenta sorveglianza, per cogliere qualsiasi segnale di evoluzione verso il mieloma multiplo. È bene sapere che circa il 25 per cento delle MGUS si evolve verso il mieloma entro 10 anni dalla diagnosi. Fare una diagnosi precoce del mieloma multiplo risulta particolarmente difficile, poiché, un gran numero di pazienti, non presenta alcun sintomo se non quando giungono agli stadi avanzati oppure quando presentano sintomi generici, che potrebbero essere causate da altre patologie. Come è noto, semplici esami del sangue e delle urine forniscono una indicazione sulla presenza di un tumore delle plasmacellule: utilizzando una tecnica di laboratorio, chiamata elettroforesi delle proteine del siero e delle urine. Oltre a questo, ci sono altri esami che si possono fare, come il controllo dei livelli di emoglobina e piastrine; il livello di albumina nel siero se il tumore è in fase avanzata; i livelli di beta-2 microglobulina e calcio nel siero, i quali indicano che il mieloma ha raggiunto uno stadio avanzato. Poi, c’è la biopsia del midollo osseo, strumento fondamentale per la diagnosi del mieloma, che consiste nel prelievo e nella successiva analisi di un frammento di osso e del midollo in esso contenuto. Il midollo viene aspirato con una siringa (aspirato midollare) e analizzato per cercare eventuali cellule tumorali. Per completare e ottimizzare la diagnosi di mieloma, vengono anche utilizzate tecniche di diagnostica per immagini quali radiografie, TC, risonanza magnetica e PET. Tra le terapie, largamente utilizzata è la chemioterapia. I farmaci possono essere somministrati per via orale o per iniezione intravenosa o intramuscolare. Alcuni dei farmaci utilizzati sono: melfalan, prednisone, ciclofosfammide, vincristina, doxorubicina. La scelta dipende da vari fattori che solo il medico può valutare con precisione, come per esempio lo stadio della malattia o la funzionalità renale. Anche la radioterapia può essere utilizzata nel trattamento del mieloma multiplo, mentre la chirurgia è riservata all’asportazione di un plasmocitoma solitario o ai casi di compressione della colonna vertebrale che provoca paralisi o eccessiva debolezza.
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