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Obesità: indice di massa corporea e bilancio energetico

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Oggi giorno si è scatenata una vera e propria epidemia di sovrappeso e obesità. Si stima che il principale problema sia una sovralimentazione unita ad una crescente denutrizione dovuta all’impoverimento dei nutrienti nei cibi. A seconda dell’entità del sovrappeso, l’obesità è classificata secondo diversi gradi di gravità. Alla prima Conferenza Internazionale sul Body Weight Control si definì il peso ideale o ottimale in base ai valori dell’Indice di Massa Corporea (IMC = peso, in chilogrammi/statura2, in metri = es. 100kg/2×2 metri = 25) pari a 20-25. Questo valore è in armonia con le precedenti raccomandazioni della Fogarty Conference degli USA e del British Royal College of Phisicians. In numerosi stati europei è stato usato il semplicissimo indice di Broca per il quale il peso normale (espresso in kg) è pari alla statura (espressa in centimetri) meno 100. Si ha obesità quando il peso eccede il 20% di tale valore. In pratica un peso normale, secondo Broca, coincide con un intervallo di IMC compreso tra 20 e 25 con valori leggermente inferiori in soggetti di bassa statura. Qualunque sia il metodo impiegato per la determinazione del peso ideale, l’obesità è generalmente divisa secondo tre gradi: – Obesità lieve (primo grado) Eccedenza ponderale tra il 20 e il 40% rispetto al peso ideale: IMC tra 25 e 30 – Obesità media (secondo grado) Eccedenza ponderale tra il 41 e il 100%: IMC tra 30 e 40 – Obesità grave (terzo grado) Eccedenza ponderale > del 100%: IMC > 40 Utile e significativo è anche il calcolo del rapporto tra le circonferenze della vita e dei fianchi, misurate in centimetri, che consente la distinzione tra obesità addominale (androide o a mela) e gluteo-femorale (ginoide o a pera). Questa differenza non è priva di importanza pratica dal momento che l’obesità generalizzata e gluteofemorale, sino a certi valori non eccessivi, non costituisce concreto e significativo fattore di rischio, mentre l’obesità addominale, o viscerale secondo alcuni autori, va vista con maggiore diffidenza dal momento che essa è correlata con la patologia cardio e cerebro-vascolare, col diabete mellito e le sue complicanze, con le neoplasie dell’apparato genitale femminile. L’obesità consiste in un abnorme accumulo di tessuto adiposo localizzato prevalentemente nell’ipoderma. Il meccanismo elementare più direttamente responsabile di essa risiede nel consumo eccessivo di cibo, soprattutto zuccheri e grassi, unito o meno a una scarsa attività fisica. In sostanza, il tutto deriva, quindi, da una sproporzione fra le calorie introdotte e quelle consumate. Quando il bilancio calorico è positivo, l’individuo ingrassa, quando è negativo dimagrisce. Il processo metabolico implicato nel determinismo dell’aumento ponderale sembra essere rappresentato da una iperlipidogenesi epatica quale risposta adattativa a un eccessivo apporto alimentare. La regolazione delle sensazioni fame/sazietà è opera di un centro presente nel SNC (Sistema Nervoso Centrale) a livello del nucleo paraventricolare; su di esso agiscono la nor-adrenalina, che aumenta la sensazione di fame, e la 5-OH triptamina (serotonina) che aumenta la sensazione di sazietà; l’opposta azione di questi due neurotrasmettitori viene modulata in maniera complessa dai vari neuropeptidi alcuni dei quali tuttora oggetto di studi più approfonditi. L’assunzione di carboidrati, ad esempio, comporta un aumento dell’increzione insulinica che a sua volta stimola la sintesi di particolari aminoacidi tra cui il triptofano che nel SNC aumenta la sintesi della 5-OH triptamina. Ciò spiega perché gli obesi abusino di zuccheri semplici che, oltre a placare il senso di fame, attenuano l’ansia secondaria alla diminuzione della 5-OH triptamina.

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